Siamo sommersi in un ritmo quotidiano in cui ci si sveglia con il pensiero che “non c’è tempo”: per fare colazione, per dormire un po’ di più, per baciare un figlio…
Travolti tutti da una velocità disumana, allenati per inseguire gratificazioni precarie e relazioni che non richiedano troppo impegno, né il tempo e attenzione che invece ci sfuggono dalle mani.
Che cosa prova una persona fibromialgica che quest’accelerazione non può afferrarla?
Una persona che è “costretta” a rallentare, a ridisegnare i suoi ritmi di vita, ad aspettare che passi la rigidità nelle ossa?
Resta in un angolo a guardare una società estremamente esigente, che non perdona, che non aspetta, che non può fermarsi a vedere o ascoltare chi è rimasto indietro.
Che poi, indietro rispetto a cosa?
Rispetto alla richiesta pressante di plasmarsi ad un ritmo innaturale.
Adeguarsi, stare al passo, o almeno farlo credere, chè non c’è tempo, chè non va bene, chè sennò perdi tutto…
L’imperativo – non detto, ma respirato- è aderire, senza farsi troppi problemi, senza sollevare troppe domande, a nuove esigenze sempre più pressanti, perché, in fondo, così fan tutti.
Non si può approfondire, non si può “perdere tempo” a capire il nocciolo dei problemi, a leggere più in fondo di uno scroll. Non c’è tempo per costruire relazioni di fiducia, per il contatto rigenerante con la natura, con le nostre radici, persone, luoghi.
Non c’è tempo per prendersi cura del corpo che abitiamo o per un respiro profondo.
In questa realtà sociale, c’è solamente, volendo, il tempo per facili “distrattori”, strumenti digitali su cui sorvolare con un’attenzione fuggevole.
E l’attenzione che, come umani, sapevamo dedicarci, l’ascolto delle emozioni che ci ha sempre unito e permesso di procreare, l’empatia che sapevamo scambiarci…
Dove e quando abbiamo lasciato per strada queste grandi ricchezze?
Proviamo allora a chiederci cosa possa significare per una persona fibromialgica sforzarsi per star dentro ad un tale vortice, con una intollerabile sensazione di non essere abbastanza, con l’impressione che non ci sia tempo, né occhi, ascolto, né parole per lei.
Dr.ssa Nadia Chiaravalle, Dr. Roberto Re
Team Psicologi Clinici,
Associazione Scientifica Fibromialgia