La comprensione dei meccanismi che fanno funzionare la nostra macchina cerebrale è ancora terreno di ricerca.
Saremo in grado di comprende a pieno i processi di sviluppo e mantenimento di tante condizioni cliniche non chiare, solo quando riusciremo a studiare in modo più approfondito il nostro cervello.
È il vero cuore del nostro organismo, capace di attivarsi in meccanismi che sembrano inspiegabili.
Basti solo pensare a come è fatto il nostro cervello: sappiamo che è un organo costituito fondamentalmente di acqua e lipidi.
Sappiamo anche che i neuroni che permettono il suo funzionamento, comunicano tra di loro tramite impulsi elettrici.
Dunque, le ricerche scientifiche di neurofisiologia si sono poste queste domande:
Come è possibile che avvengano ELABORAZIONI COSÌ COMPLESSE DI TIPO ELETTRICO IN UN ORGANO PREVALENTEMENTE ACQUOSO?
COME FA IL CERVELLO A MANTENERE ORDINE E GUIDARE QUELLE DELICATE TRASMISSIONI DI INFORMAZIONI?
Eppure, sembra perfettamente in grado di garantire che non vadano in “corto circuito”.
Gli studiosi sono arrivati alla conclusione che il nostro cervello usa lo stesso trucco delle comunicazioni radio che viaggiano su BANDE DI FREQUENZA.
Se pensiamo al dolore cronico, sappiamo che la percezione di quel tipo di dolore NON ha origine dalla periferia, ma proprio a livello centrale, cioè nelle aree cerebrali.
Dalla periferia al cervello, infatti, giungono le informazioni e stimoli che provengono dagli organi esterni ad esso. Esse vengono captate dai nervi e convogliate a livello centrale per essere elaborate, in funzione di una pronta risposta.
Nel dolore cronico, invece, spesso lo stimolo periferico neanche c’è.
Il messaggio di partenza non proviene da una lesione o danno degli organi periferici (spesso tutti gli esami strumentali sono negativi).
Ma il cervello HA IMPARATO A mantenere continuamente attivate le zone addette alla percezione del dolore.
Ecco quindi che si accendono le aree cerebrali del dolore, in una sorta di iperstimolazione, proprio come ci fosse uno stimolo doloroso esterno, che invece non c’è.
L’esperienza di dolore cronico viene creata da specifiche aree cerebrali che comunicano attraverso bande di frequenza GAMMA, che viaggia intorno ai 40 Hz, frequenza decisamente molto alta.
MA DOVE NASCE QUESTA BANDA DEL GAMMA CHE PERMETTE LA COMUNICAZIONE TRA LE AREE CEREBRALI COINVOLTE NELL’ESPERIENZA DOLOROSA?
Essa nasce a livello della corteccia prefrontale, la sede della nostra memoria a breve termine e della capacità attentiva.
Alla luce di quanto detto, capiamo che per ridurre e GESTIRE MEGLIO l’esperienza dolorosa ATTRAVERSO STRUMENTI NON FARMACOLOGICI, abbiamo la grande opportunità di abbassare la banda dei 40 Hz della corteccia prefrontale.
“Abbassarla” significa, da un punto di vista scientifico, disturbare la comunicazione tra quelle aree che vanno a formare il “puzzle” del dolore.
Esattamente come disturbare una comunicazione radio che diventa meno pulita!
Le tecniche mentali di sedazione senza farmaci come l’ipnoterapia permettono di abbassare la banda del gamma dei 40 Hz e quindi di innalzare la nostra soglia del dolore, aumentare la concentrazione, ridurre la tensione del sistema neurovegetativo.
Non lasciamoci influenzare dai TANTI LUOGHI COMUNI del tipo “No! mi rende INCOSCIENTE, perderò IL CONTROLLO….”
Al contrario, il risultato non può e non deve essere la perdita di controllo: la tecnica ha l’obiettivo di RIACQUISIRE il controllo, senza lasciare che sia un errato meccanismo memorizzato a controllare il nostro vissuto.
È PER QUESTO CHE L’IPNOSI VIENE DEFINITA “ESPERIENZA DISSOCIATIVA”: DA UN PUNTO DI VISTA NEUROLOGICO DISACCOPPIA PARTI DEL CERVELLO CHE INVECE TENDEREBBERO AD ATTIVARSI INSIEME PER GENERARE LA PERCEZIONE DI DOLORE.
Questa utilissima tecnica avvantaggia soprattutto chi vuole ridurre il dosaggio dei farmaci che, assunti cronicamente, potrebbero causare non pochi effetti collaterali sugli altri sistemi (a livello gastrointestinale, sulle capacità di concentrarsi, di metabolismo e non solo…).
Questa è la spiegazione scientifica e neurologica di come funziona il nostro cervello nell’esperienza dolorosa e di come le tecniche ipnotiche possano andare a disturbare, PROPRIO COME IN UNA COMUNICAZIONE RADIO, la banda di frequenza che crea la percezione del dolore.
Applicate come auto-ipnosi, sono inoltre un valido strumento a cui ognuno può ricorrere, quando ne ha necessità, per raggiungere un sollievo dal dolore.
Ovviamente è necessario essere addestrati a utilizzare l’autoipnosi, ovvero, bisogna allenarsi, dietro opportuna guida di un professionista, per portare il nostro sistema nervoso a disapprendere quello che ha imparato, e ad apprendere un nuovo modo di funzionare.
Voglio ricordare che il National Institute for Healt (l’Istituto statunitense equivalente all’istituto superiore di sanità) ha inserito l’ipnosi tra i presidi terapeutici per il dolore cronico, compreso il dolore oncologico.
Interessanti risultati possono essere raggiunti attraverso l’integrazione tra l’ipnosi la cannabis terapeutica (ma di questo parleremo nei prossimi articoli…).
Dott. Roberto Re
Psicologo Clinico
Esperto in: Fibromialgia
Ipnoterapia, Auricoloterapia e Psicosomatica