Fibromialgia e la neuroinfiammazione
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Studi recenti hanno evidenziato che pazienti affetti da fibromialgia, oltre ad avere un basso grado di infiammazione cronica dovuto all’algesia muscolo-connettivale e allo stato disbiotico intestinale, hanno una condizione di localizzata infiammazione in specifiche aree del cervello, quali talamo e ipotalamo.
Aumentati livelli di citochine e mediatori pro-infiammatori sono stati rilevati, infatti, nel siero e nel liquido cerebrospinale di pazienti con fibromialgia.
Queste molecole sono anche in grado di stimolare e prolungare la nocicezione attivando specifici recettori lungo la via del dolore.
Ed ecco aggiungersi un ulteriore tassello causativo del dolore cronico nel paziente fibromialgico.

Nello specifico, si sta ora prestando attenzione al ruolo dei mastociti come “sensori di danno cellulare”, capaci, dietro stimolazione da parte di immunoglobuline E, di rilasciare mediatori pro-infiammatori e neuro-sensibilizzanti quali istamina, bradichinina, fattore di necrosi tumorale e triptasi.

Queste sostanze comunicano ed attivano le cellule della microglia, tra le più numerose del cervello, responsabili della plasticità sinaptica e della prima e principale difesa immunitaria attiva nel sistema nervoso centrale.
Quando le cellule della microglia vengono attivate da un “segnale di pericolo”, diventano “iper-mobili” e rilasciano citochine pro-infiammatorie che, oltre agli effetti sopra descritti, sopprimono l’influenza dopaminergica sui neuroni, alterano l’umore del paziente e inducono la patogenesi di disturbi psico-cognitivi.

Secondo alcuni ricercatori, infatti, la fibromialgia potrebbe essere causata da un evento traumatico, come un’infezione, che induce le cellule della microglia ad entrare in uno stato patologico, in cui sovraesprimono tutti i loro recettori, diventano eccessivamente sensibili e si inseriscono rapidamente nel loro stato infiammatorio.

Per quanto riguarda il trattamento con sostanze ad attività anti-infiammatoria, il limite è quello di dover superare la barriera ematoencefalica per avere un’azione locale centrale.
Avendo parlato di istamina, sicuramente potremmo, con la dieta, cercare di limitarne l’intake, in modo da evitare il fenomeno di accumulo.
In questi soggetti la dieta deve prevedere l’eliminazione di alimenti ricchi di istamina e di quelli che ne stimolano il rilascio (solanacee, funghi, agrumi, spinaci, affettati, formaggi stagionati, prodotti fermentati, cibi in scatola, albume d’uovo, tonno, sgombro, aringhe, sarde, frutta secca, cacao e cioccolato, ecc…).

Oggetto di recenti studi clinici, sono anche alcuni flavonoidi, come quercitina (isolabile da numerose specie vegetali; presente in mele, uva rossa, agrumi, frutti di bosco, cipolla rossa, olive, sedano, broccoli, capperi, tè verde, propoli, ecc…) e luteolina (isolato originariamente dalle foglie di timo, tarassaco e salvia; si trova in quantità apprezzabili in carote, finocchio, peperoni e sedano) per le loro proprietà anti-infiammatorie, anti-ossidanti, inibitorie sulle cellule della microglia e neuroprotettive.

Team Nutrizione Associazione Scientifica Fibromialgia
Dott.ssa Edy Virgili
Dott.ssa Laura Calza
Dott.ssa Federica Calcagnoli

Bibliografia

• Theoharides TC, Stewart JM, Hatziagelaki E, Kolaitis G. Brain “fog,” inflammation and obesity: key aspects of neuropsychiatric disorders improved by luteolin. Front Neurosci 2015 3; 9: 225.
• Totsch SK, Sorge RE. Immune System Involvement in Specific Pain Conditions. Mol Pain 2017, 13.
• Theoharides TC, Tsilioni I, Bawazeer M. Mast Cells, Neuroinflammation and Pain in Fibromyalgia Syndrome. Front Cell Neurosci 2019 2; 13: 353.

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