Definiamo sindrome fibromialgica un’insieme di disturbi caratterizzati principalmente da dolore cronico, astenia, insonnia, perdita di memoria, alterazioni dell’umore e disbiosi intestinali.
Non sono tantissimi gli studi su questa sindrome, suppur nota da qualche decennio, ma negli ultimi 5 anni le pubblicazioni scientifiche in merito si sono moltiplicate, visto l’interesse sempre maggiore della comunità scientifica per questa patologia, che colpisce sempre più persone.
Nonostante i vari tentativi farmacologici, il miglior modo di curare questa sindrome sembra essere l’approccio multidisciplinare in cui vari professinisti formati sulla Fibromialgia ed integrati tra di loro collaborano.
In questo quadro la nutrizione, in tutte le sue declinazioni, sembra essere uno dei protagonisti indiscussi.
In questo articolo vi parliamo della gestione del profilo metabolico nei pazienti con dislipidemia, iperglicemia, disfunzioni epato-renali e sovrappeso/obesità.
Infatti molti studi scientifici dichiarano una forte correlazione tra l’insorgenza della fibromialgia ed il suo aggravamento sia con il sovrappeso che con l’alterazione dei parametri metabolici, in particolare l’iperinsulinemia e le dislipidemie (ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia, eccesso di LDL, ovvero il colesterolo ossidato, definito volgarmente cattivo).
Ovviamente l’alterazione del quadro metabolico principalmente dipende da una dieta errata che induce anche l’aumento di peso.
Sovrappeso e obesità sono due comorbilità comuni nei fibromialgici e con l’aumentare dell’indice di massa corporea si verifica un aggravamento dei sintomi della fibromialgia, l’alterazione del quadro metabolico (dislipidemia e insulino resistenza) e una riduzione della qualità della vita.
Ancora non è chiaro però se sovrappeso e obesità siano la causa o la conseguenza della fibromialgia.
Sicuramento il dimagrimento determina un miglioramento comprovato.
In letteratura troviamo molti meccanismi proposti per spiegare la connessione tra la sindrome in oggetto, il sovrappeso e i dismetabolismi, che vi elenchiamo di seguito:
1) sedentarietà
2) disturbi cognitivi e del sonno
3) problematiche psichiatriche, ansia e depressione
4) alterazione del sistema oppioide endogeno
5) disfunzioni ormonali: es. sindrome ovaio policistico, alterazionde dell’asse GH (ormone della crescita) -IGF 1 (fattore di crescita simile all’insulina) oppure della ghiandola tiroidea, causa di ipometabolismo e aumento di peso.
6) aumento dei livelli di citochine proinfiammatorie circolanti dovuto all’espansione del tessuto adiposo.
Ci soffermiamo sull’ultimo punto, ovvero l’aumento delle citochine proinfiammatorie, in quanto direttamente correlate con l’infiammazione cronica di basso grado, non associata a infezioni, che si sviluppa durante l’invecchiamento e prende il nome di “inflammaging”.
Questo tipo di infiammazione di basso grado viene scatenata da segnali endogeni, come le molecole ossidate, la presenza di detriti cellulari, l’eccesso di nutrienti e l’eccesso di tessuto adiposo, che attivano il sistema immunitario in modo cronico.
Se è presente un eccesso di adipe (grasso) il nostro sistema immunitario innesca una reazione per eliminare gli adipociti (cellule di grasso) in eccesso, ma per fare questo produce delle molecole segnale che si chiamano citochine e sono i mediatori biologici di alcuni sintomi della fibromialgia.
Sicuramente la relazione le citochine e la fibromialgia ci può essere d’aiuto nella comprensione di questa malattia e nella sua gestione.
Ci sono studi che correlano i vari tipi di citochine con i vari sintomi della fibromialgia: ad esempio l’interleuchina 1 beta è associata al dolore, all’astenia, all’insonnia e alla febbre, il fattore di necrosi tumorale alfa è associato all’aumento dello stress, l’interferone gamma è associato ad aumento di stress ed ansia, l’interleuchina 2 è associata a mialgia e disfunzioni cognitive, l’interleuchina 6 è associata ad aumento dello stress, dolore, astenia e depressione, l’interleuchina 8 è un mediatore del dolore.
L’infiammazione, così come l’aumento di peso ed i dismetabolismi, è sicuramente supportata dalla dieta occidentale (anche definita Western Diet), ricca di alimenti ultraprocessati e di scarsa qualità, ricca di grassi e zuccheri, ma povera di nutrienti.
La Western Diet promuove l’aumento del grasso viscerale e quindi dell’infiammazione di basso grado, promuove l’aumento della glicemia e la secrezione dell’insulina, è povera di molecole antinfiammatorie, come gli omega 3 e gli antiossidanti (spezie, frutta, verdure, ecc…).
Per rimediare a questa situazione i nostri consigli sono di fare movimento in modo regolare (ovviamente compatibilmente con la sindrome fibromialgica!) e seguire una dieta corretta, ma soprattutto antiinfiammatoria.
E’possibile anche integrare fitoterapici con effetto antiossidante ed antiinfiammtorio (es. curcumina, berberina, vitamina C, coenzima Q, ecc…), ma una dieta corretta è comunque la base di partenza.
Ovviamente la dieta deve essere costruita in modo “Taylor Made”, ovvero su misura e personalizzata, ognuno di noi è dicervo dall’altro, con diversi gusti, diverse abitudine e un diverso quadro clinico, ma sicuramente delle indicazioni di base le possiamo indicare. Innanzi tutto utilizzare solo olio extra verigne d’oliva di buona qualità, sostituire la carne rossa con quella bianca e, soprattutto, con tanto pesce, meglio se azzurro e di piccola taglia, sostituire i cereali raffinati (e loro derivati) con quelli integrali, aumentare il consumo di verdure (almeno 400 grammi al giorno) e di frutta (almeno 300 grammi al giorno) rigorosamente fresche e di stagione, integrare la frutta secca oleosa ed i semi oleosi, aumetare l’utilizzo dei legumi (se ben tollerati!).
Per finire due righe le dedichiamo alla qualità dei cibi, perchè tutto ciò che è promosso in questo ambito deve essere ben prodotto, senza involucri di plastica e sostanze chimiche, come spesso ci capita di dire: una ciliegia a dicembre potrebbe essere più tossica di un bombolone alla crema!
Team Nutrizione Associazione Scientifica Fibromialgia
Dott.ssa Edy Virgili
Dott.ssa Laura Calza
Dott.ssa Federica Calcagnoli
Bibliografia
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