Con la medicina integrata un mix incisivo per cure al top
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È un nuovo approccio terapeutico e punta a rendere funzionante al massimo il nostro corpo. Stiamo parlando di medicina integrata che si caratterizza per la volontà di armonizzare le medicine complementari con quella accademica. Un mix incisivo per avere una cura personalizzata e multidisciplinare utilizzando tutti gli strumenti dello scibile umano. Il top, insomma. «Sono sempre più numerosi gli studi che trattano della possibilità di combinare approcci naturali con quelli convenzionali – spiega Michele Gardarelli, medico chirurgo, esperto in medicina integrata, di Ancona – soprattutto in caso di disturbi cronici come quelli causati da molte malattie neurologiche».

L’utilizzo in Neurologia

A livello neurologico e non solo, chiarisce Gardarelli, «molto interesse suscita il sistema endocannabinoide, una complessa rete di molecole, enzimi e recettori cellulari che contribuiscono a modulare la percezione del dolore, le funzioni cognitive come la memoria e l’apprendimento, il controllo dei movimenti e della contrazione muscolare». Il corpo umano, infatti, «sintetizza molecole chiamate endocannabinoidi come l’anandamide, che interagiscono con recettori cellulari siti a livello del sistema nervoso centrale e periferico, del sistema immunitario, dell’apparato gastroenterico e di molti altri distretti». Fin qui, le premesse.

Le molecole “maneggevoli”

Un esempio?
La Pea e cioè la palmitoiletanolamide: nel corso degli ultimi anni, autorevoli studi hanno dimostrato le proprietà analgesiche e antinfiammatorie di questa molecola di natura lipidica. Spiega il medico chirurgo: «Questa molecola, in commercio sotto forma di integratori, può essere utile per molte patologie. La Pea, infatti, ha proprietà antidolorifiche dal momento che modula il rilascio di neurotrasmettitori, come la serotonina e la noradrenalina, coinvolti nei circuiti neurologici relativi al dolore, ma anche al sonno e all’umore». Dunque, può essere un utile «integrazione a trattamenti convenzionali in malattie caratterizzate da dolore cronico come la sclerosi multipla e la fibromalgia».

beta-cariofillene

Una molecola simile alla Pea è il Betacariofillene, sintetizzato da numerose piante come il rosmarino, il luppolo, il pepe nero e la cannabis sativa. «A differenza di molte preparazioni a base di quest’ultima – puntualizza Gardarelli – ha il vantaggio di non avere un’azione psicotropa ma di possedere, come la cannabis terapeutica, potenziali proprietà antidolorifiche, antinfiammatorie, antiossidanti, neuroprotettive e ansiolitiche, tali da favorire anche il miglioramento del sonno notturno». È utilizzabile in patologie «come l’Alzheimer, il morbo di Parkinson e la sclerosi multipla anche con lo scopo di contrastare la neurodegenerazione, in integrazione alle terapie prescritte dal neurologo».

La Griffonia Simplicifolia

E poi c’è la Griffonia Simplicifolia, una pianta ricca di triptofano, precursore della serotonina, l’ ormone del buon umore. «Può essere utilizzata per favorire la sintesi di questo neurotrasmettitore molto importante per lo stato emotivo del paziente, per la percezione del dolore e per la motilità intestinale», rilancia il medico. Un’azione complementare alla Griffonia, aggiunge l’esperto, viene svolta «dall’Hypericum perforatum, iperico, che si è dimostrato efficace nella gestione dell’ansia e della depressione lieve e moderata. Studi recenti prospettano un suo possibile utilizzo anche nel dolore, che spesso interessa il sistema nervoso». Si tratta di una «pianta che ha proprietà farmacologiche importanti, va maneggiata con attenzione e assunta sotto controllo medico perché può determinare anche interazioni con altri farmaci, riducendone o aumentandone l’azione terapeutica».

La stanchezza

È un capitolo a parte dal momento che è spesso presente nelle condizioni patologiche che interessano il sistema nervoso. «In base alla mia esperienza clinica – dice Gardarelli – e considerando i dati scientifici, l’integrazione del coenzima Q10 potrebbe migliorare la qualità di vita di molti pazienti neurologici. Il Q10, infatti, è uno degli attori principali della produzione di energia ad opera dei mitocondri, vere e proprie centraline energetiche cellulari. I livelli di questo coenzima diminuiscono con l’età e il suo utilizzo è indicato per patologie come il morbo di Parkinson ma anche per la fibromalgia». Senza dubbio, chiude Gardarelli, uno «dei fattori che contribuisce all’azione terapeutica del Q10 è costituito dal suo potenziale antiossidante caratteristico anche del Glutatione, molecola necessaria anche per metabolizzare molti farmaci, utilizzati anche in neurologia. Ad oggi, viene impiegato anche in oncologia per contrastare l’effetto tossico del cisplatino, un chemioterapico importante».

dr-michele-gardarelli-associazione-scientifica-fibromialgiaIl ruolo degli oppioidi nella terapia del dolore

Uno sguardo particolare va rivolto al ruolo degli oppioidi. Che sono molto utilizzati nella terapia del dolore, caratteristico di tante patologie neurologiche. «Possono però determinare il fenomeno della tolleranza», avverte Gardarelli (nella foto).
Che aggiunge: «Questo causa la necessità di aumentare il dosaggio così da ottenere un effetto terapeutico». Ma non solo. Sempre gli oppioidi, fa sapere il medico, «possono determinare l’iperalgesia e cioè un aumento della sensibilità al dolore». Ed ecco, allora, il ruolo della Pea, utilizzabile anche per ridurre l’incidenza di questi fenomeni, ottimizzando l’efficacia della terapia farmacologica». Gli oppioidi sono farmaci analgesici derivati dall’oppio; le principali indicazioni terapeutiche sono l’induzione dell’anestesia prima di un intervento chirurgico, l’ aumento del controllo del dolore e il trattamento di condizioni come dispnea da edema polmonare acuto. Gli oppioidi naturali sono morfina, codeina, tebaina e papaverina ma i più utilizzati sono morfina e codeina. La morfina, in particolare, è la più utilizzata in campo oncologico e nel trattamento del dolore post operatorio.

 

di Federica Buroni
Corriere Adriatico – Salute e Benessere – 08/12/2020

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